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Irod Tela su tela - Intermediari d'arte

artista Irod
Irod

ISABELLA RODRIGUEZ IN ARTE IROD

Nasce a Roma dove oggi vive e lavora. Decoratrice di interni e creativa, sviluppa negli anni ’90 le proprie  qualità nell’ambito dell’advertising e della organizzazione di grandi eventi ed esposizioni; nell’ultimo decennio arricchisce la sua espressione creativa specializzandosi in Ikebana, Feng Shui e Pranic Healing, studi che le permetteranno di creare un’inedita espressione di arte. Di recente ha aperto uno studio artistico in via Margutta. 
Si definisce artigianista, termine per descrivere chi, oltre a dipingere, è anche artigiano ed inserisce nel quadro elementi materici, come fa lei, preferibilmente di riciclo. Le sue opere sono un misto di tecniche, che hanno origine dalla digital art e sono multisensoriali.

IROD abbatte il muro che divide il reale dal digitale (da un articolo di Davide Speranza) 

Dati i tempi che corrono, verrebbe la voglia di immaginare un Caravaggio o un Modigliani alle prese con l’arte digitale. Come avrebbero usato Pc e Mac, programmi di ricomposizione virtuale, App e tool? Oggi la Digital Art è una realtà, che piaccia o meno ai puristi. I sistemi tecnologici parlano nuovi linguaggi e lo fanno attraverso l’etere, l’attimo di un gesto diaframmato. Cambiano i processi creativi, come sempre è stato nella Storia dell’uomo, ma non l’obiettivo: replicare la vita. Isabella Rodriguez (in arte IROD) si definisce “figlia d’arte” ma anche “artigianista”. E in questo termine, come lei stessa dice “fra artigiana e artista”, prende vita tutto il senso del gesto, della progettazione immaginifica, del rito quotidiano all’atto puro, non seriale, unico nel suo genere pur rimanendo lo stesso. 
Digital artist, vero. La Rodriguez – romana, di lontane origini siciliane e spagnole – usa la stampa, i colori, gli oggetti, il collage, ogni tipo di tecnica per abbattere il muro che divide reale da digitale, colonizzando lo spazio mediano. Nata a Roma, dove tuttora vive e lavora, la Rodriguez ha ultimato una “collana” di tele dedicate alla Kahlo. Ispirata dalle stagioni, ce la rappresenta fra grappoli d’uva, agrumi, rose di colore diverso, dal blu elettrico al rosso sangue, stelle marine, spighe di grano e girasoli che emergono da uno sfondo colpito a pennellate a formare gioielli di pigmenti materici. La partenza: da una foto, un’immagine trattata grazie a software di grafica digitale.
«La vena artistica l’ho ereditata da mio padre che è un architetto, ma per tutta la vita ha amato dipingere – racconta IROD – Lo ricordo ancora nel salotto di casa nostra, sopra una scala, con un lungo camice bianco imbrattato di colore ad affrescare un’intera parete ispirandosi ad un paesaggio del Corot. Da lui mi sono derivati anche l’amore per l’armonia degli ambienti e la capacità di accostamento delle forme e dei colori. 
Finito il liceo, mi sono iscritta alla facoltà di Architettura, per poi dedicarmi alla decorazione di interni». Dopo una apprezzata progettazione fieristica, la Rodriguez inizia a lavorare per importanti agenzie di Pubblicità per poi, alla fine degli anni Novanta, aprire uno studio tutto suo di organizzazione eventi a carattere nazionale. «La creatività, unita alle nozioni di advertising, hanno fatto di me una buona manager – continua – ma fra tutte le mie mansioni quella che mi appassionava di più era disegnare le scenografie nei percorsi fieristici. Ciò che mi gratificava era realizzare delle atmosfere in grado di suscitare delle emozioni nel visitatore». 
La svolta arriva circa dieci anni fa quando un episodio grave ne capovolge la vita. 
«Sono seguiti anni duri ma anche anni di riflessione e soprattutto di studio – ricorda –. Così ho ampliato le mie conoscenze con il Feng Shui, l’Ikebana, l’Arte del Riordino Zen. Un libro illuminante su Gandhi mi ha insegnato che per essere veramente felici si deve lavorare con le mani. È stato così che, mettendo in ordine la mia cantina, mi sono trovata in mano dei fiori di seta e mi è venuta l’idea di riciclarli applicandoli su una tela. In quel momento è nata la mia vita da artista» I capisaldi dell’Impressionismo la affascinano fin da giovanissima: le opere di Van Gogh, Gauguin, Monet, Mnet. «Non di meno mi hanno appassionato i luoghi dove hanno vissuto e lavorato, le loro case e gli atelier, i tormenti interiori, gli amori. Se parliamo di tecnica, invece, mi hanno sicuramente influenzato le opere di Andy Warhol».
L’arte per la Rodriguez IROD è voce endemica. Via Margutta, dove vive e lavora, è conosciuta anche come strada degli artisti; vi hanno lavorato Picasso, Rubens, Poussin, de Ribera. 
«Via Margutta, pur essendo a pochi passi da piazza di Spagna e dalle celebri strade del lusso, ha conservato da sempre il fascino dell’antico rione romano. Sarà per il rumore dell’acqua della Fontana degli Artisti, per i rintocchi della Chiesa di Ognissanti sull’adiacente via del Babuino». Il suo atelier nasce qui. Lo chiama “bottega”, uno spazio a lei dedicato dentro una Galleria d’arte storica di Via Margutta. 
«Il mio intento nell’allestirlo era di ricreare un’atmosfera calda simile a quella degli atelier degli artisti che ho amato di più – racconta – L’ho arredato con i miei mobili più vecchi, spesso i più cari, e riempito di ogni tipo di materiale e strumenti per lavorare». 
Arrivati a questo punto della storia, ci si ac-corge come “digital artist” in fondo non significa quasi nulla, se non incardinato all’interno di un percorso ampio, di vita vissuta, di esperienza dolorosa e mutevole, dove le cose “non buttate” trasmutano in altre. 
Gli oggetti si trasformano, vengono riciclati, rientrano in un nuovo respiro d’osmosi. «Mi sembra, così facendo, di dare il mio piccolo contributo in termini di ecosostenibilità. 
E nasce uno stile che è un mix di Digital Art. Amo molto trasformare scatti fotografici in immagini inedite, da personalizzare una volta su tela con pittura acrilica e infine IROD, FAYE DUNAWAY rivisitazione di uno scatto di Emilio Lari-Collezione LARI/IROD, tecnica mista su tela, 80x120 Ritratto eseguito dal padre dell’artista quando IROD aveva 3 mesi
con l’aggiunta di elementi materici come fiori, tralci, sassi, pezzi di legno e di tessuto, conchiglie, pietre. Privilegiando la scelta di materiale di recupero. Un mio vezzo è personalizzare il quadro con una essenza profumata, idonea e in qualche modo pertinente al soggetto che ho dipinto. La collezione di Frida, in primis. Perché ogni Frida seppure uguale, è diversa. E ogni quadro cattura in maniera differente l’attenzione di chi lo guarda. Lo sguardo di Frida è coinvolgente, totalizzante, ti rapisce. Quando la dipingo sono stregata dai suoi occhi ed è come se fra noi ci fosse un dialogo silente. 
Poi la mia “Faye Dunaway”, che rappresenta uno step professionale molto importante: l’incontro professionale con il fotografo Emilio Lari, che mi ha consentito di riprodurre e interpretare a modo mio alcuni suoi scatti celebri. Altre opere ora sono in lavorazione, con l’idea di potere un giorno fare una personale a firma Lari/IROD».?


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