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Creti Pantaleo Tela su tela - Intermediari d'arte

artista Creti Pantaleo
Creti Pantaleo

Biografia

Pantaleo Cretì nasce a San Donato (Lecce) nel 1948. Sin da bambino mostra interesse per il disegno e la modellazione.
Frequenta l’Istituto d’Arte di Galatina dove matura con ottimi risultati le sue capacità artistiche.
Dopo il diploma in decorazione plastica, negli anni 70 si sposa e si trasferisce a Como. Si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera (Milano) che frequenta solo per poco tempo. Per oltre 20 anni insegna al Liceo “Teresa Ciceri” di Como.
Numerose sono le mostre personali e collettive a cui partecipa fin da giovanissimo riuscendo ad affermarsi nel panorama artistico comasco.
Nel 1982 vince il secondo premio Mondadori per la scultura, e l’opera viene esposta a Milano e Roma; nel 2011 Vittorio Sgarbi sceglie due opere dell’artista che sono presentate alla Biennale di Venezia, in occasione della celebrazione dei 150 anni dell’Unità d’ Italia.
L’artista si sperimenta attraverso l’uso di diversi materiali e supporti, le differenti tecniche adottate gli permettono di esprimere un’ampia gamma di stati d’animo.
Primitivo e selvaggio come documentano le primissime opere degli anni 70 Cretì manifesta le sue origini salentine tramite colori forti e tratti decisi. Anche la scultura di quel periodo è intrisa di un mondo arcaico a cui Cretì si ispira: veneri steatopigie e cavalli mitologici sono i protagonisti della sua poetica.
Negli anni successivi l’attenzione si sposterà al mondo ecclesiastico: una “chiamata divina” inviterà Cretì a dare vita ad una serie di opere con un unico tema: i Vescovi.
Che siano benedicenti, peccatori,lussuriosi o accoglienti questi preti sono protagonisti di un mondo che non fa più differenze. Anche loro come tutti gli esseri umani non sono esenti da critiche e giudizi.
E sarà proprio la crudele umanità a far riflettere l’artista: dipingerà uomini e donne soli, smarriti nel proprio universo, incapaci di comunicare qualsiasi sentimento.
Ma Cretì è una fucina di idee: arriveranno nel suo mondo anche irriverenti Pinocchi e disillusi Don Chisciotte.
La ricerca del proprio Io, l’esigenza (fisiologica) di creare opere come testimonianza del nostri tempi, lo porteranno a maturare e decretare “La morte dell’arte”: un dipinto-manifesto suggellato dalla firma in calce di un notaio.
Attualmente lavora (instancabilmente) nel suo studio a Como.


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