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Mele Giuseppe Tela su tela - Intermediari d'arte

artista Mele Giuseppe
Mele Giuseppe

Biografia
Nato nel 1997 a Napoli, Melè è un pittore autodidatta la cui opera è centrata sulla rappresentazione del corpo percepita dall’intelletto, ossia l’idea che si ha del proprio corpo e quelli ad esso circondati. Melè lavora a Napoli, in Italia, dove persevera con l’arte rifacendosi ad artisti a lui cari come Rembrandt, Francis Bacon, Anselm Kiefer e Anish Kapoor.
Le composizioni presentano figure dentro un decadimento concettuale e il processo pittorico tende a vivere una composizione sapiente. Non è una pittura che riduce al minimo l’intervento, al contrario è come un sovrapporsi di colori su un fondale omogeneo. La zona superficiale lascia spaziare la forma in quanto corpo che evade e si manifesta quando viene meno l’apparato osseo, la carne trascende da essa (forma) e entrambi coesistono ognuno per conto proprio, per cui si evince la carne come materiale corporale della figura.
Melè crea il suo lavoro attraverso la deformazione e la ricreazione della materia. Realizza i suoi dipinti scultorei grazie alla maestria del caso e degli errori, presenta tumori teorici che spaccano la psiche illustrando immagini sfocate, distorte, non definite, ma che hanno un enorme presenza.
Nel suo studio delle sole teste, i principi irregolari della forma non cambiano, anzi si accentuano per la maggiore concentrazione della materia, che resa carne, resta viva e mantiene un movimento appena percettibile: la testa sembra assumere un atteggiamento che volge l’attenzione verso “il fatto” “l’evento”, oppure diviene dall’essere-nel-mondo e nella sensazione.
L’artista propone una forma che non mostra una riproduzione in chiave realistica, è infatti una figurazione che gioca le proprie carte su contrasti mimetici, si passa da una trasformazione a una trasfigurazione che stabilisce “una sorta di materia viva con propria presenza”. Tale rappresentazione organica restituisce al tatto la sua pura attività, conferendo una velocità e una violenza che l’occhio appena può seguire. Nasce così una linea priva di identità, animalesca o addirittura antropomorfica, che comporta tratti di corpo o di testa, tratti di animalità o umanità, come se gli organismi fossero catturati in un movimento vorticoso e serpentino che conferisce loro un solo e medesimo corpo, o li unisse in un solo medesimo “fatto”, indipendentemente da ogni rapporto figurativo o narrativo.
Tale operazione da sfogo a una funzione propriamente aptica, dove la giustapposizione di toni puri, ordinati per gradi sulla superficie irregolare, forma una progressione e una regressione intorno a un punto culminante di visione avvincente.
“Tendo a trasfigurare l’immagine abbandonando ogni riferimento alla realtà naturale descrittiva, per arrivare ad una forma di grande espressività”.


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